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E SE IL CONTO CORRENTE PRESENTA COSTI, SPESE E COMMISSIONI NON DOVUTI COSA FAI?
La banche, seguendo le normative entrate in vigore dal 2009 in poi, hanno applicato alla propria clientela spese e commissioni nuove che hanno portato ad un maggior costo del credito per i propri clienti.
Tra le somme addebitate in conto corrente occorre valutare bene quali nuove e diverse commissioni sono state applicate e il modo con cui sono state introdotte e definite dall’istituto di credito.
La stessa modalità di pattuizione può rappresentare un motivo di rimborso in capo alla banca.
L’analisi preventiva mira all’ individuazione delle criticità presenti nel conto corrente, tale analisi può confermare i dubbi e perplessità sorte nell’imprenditore
La banca può intervenire modificando le condizioni economiche (tassi di interesse debitori, commissioni e spese) applicate alla propria clientela in due modi:
A) La banca e il cliente sottoscrivono un nuovo modulo contrattuale contente le nuove condizioni da applicare al cliente. Generalmente questo accade in caso di:
• pratiche di apertura di nuovi affidamenti
• rinnovo degli affidamenti in essere
• ampliamento/riduzione degli affidamenti in essere
• apertura di uno o più nuovi conti correnti.
B) La banca utilizza l’istituto dello jus variandi.
Se previsto e specificamente approvato dal cliente nel contratto sottoscritto, la banca può modificare in senso peggiorativo le condizioni applicate alla propria clientela ricorrendo allo istituto giuridico dello jus variandi.
In questo caso la banca deve comunicare espressamente al cliente le variazioni unilaterali apportate alle condizioni contrattuali rispettando le seguenti condizioni:
• utilizzando la specifica dicitura “Proposta di modifica unilaterale del contratto”
• con preavviso minimo di sessanta giorni
• in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente
La modifica si intende approvata se il cliente non recede dal contratto entro sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione. Il cliente ha diritto di recedere senza spese e di ottenere l’applicazione, in sede di liquidazione del rapporto, delle condizioni precedentemente praticate. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le suddette prescrizioni sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente
Il cliente deve essere informato circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale, in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base.
La comunicazione della modifica unilaterale è considerata un atto recettizio. La banca sarà dunque onerata della prova del recapito della comunicazione al domicilio del cliente. Qualora il cliente contesti l’avvenuta ricezione della proposta di variazione del contratto, è onere della banca provare l’avvenuta ricezione della comunicazione da parte del cliente. In caso contrario le variazioni apportate risulteranno inefficaci.
Le norme contrattuali che prevedono la facoltà della banca di procedere a modifica unilaterale delle condizioni contrattuali dandone informazione ai “titolari” mediante “avvisi inseriti in pubblicazioni, lettere o estratti conto” violano la disciplina vigente e le modifiche così comunicate sono inefficaci.
L’istituto dello jus variandi può intervenire solo su condizioni già esistenti in contratto, non possono essere introdotte clausole ex novo.
Le modifiche introdotte con l’istituto dello jus variandi possono essere contestate sotto diversi aspetti: modalità di comunicazione al cliente, contenuto della modifica, struttura della comunicazione, effettiva ricezione della modifica da parte del cliente, giustificato motivo. Tutte contestazioni che possono rendere inefficaci le modifiche apportate dalla banca con contestuale richiesta di restituzione di somme.
Nei contratti di conto corrente stipulati negli anni antecedenti al 2009 la contestazione di modifiche di condizioni attraverso l’istituto dello jus variandi può determinare la nullità di nuove commissioni con richieste restitutorie significative da un punto di vista economico.
Non sempre le risposte ottenute potrebbero essere chiare e comprensibili dal cliente.
Molto probabilmente gli addebiti verrebbero spiegati utilizzando i fogli informativi.
Fermarsi e “accontentarsi” delle risposte ottenute potrebbe precludere all’azienda la possibilità di vedersi retrocedere somme che la banca potrebbe aver addebitato in modo illegittimo o con modalità contrarie alle normative bancarie, soprattutto in tema di trasparenza.
I clienti però per evitare la procedura giudiziaria possono anche rivolgersi a organismi conciliativi o arbitrali che aiutano a risolvere le controversie su questioni relative al rapporto con l'intermediario bancario o finanziario.
Per risoluzione stragiudiziale si intende una procedura che, a prescindere dalle specifiche modalità, porta alla conclusione delle liti fra consumatori e intermediari bancari e finanziari tramite l'intervento attivo di un organo di risoluzione di controversie che propone (conciliazione) o impone (arbitrato) una soluzione, diversa dai processi che si svolgono di fronte all'autorità giudiziaria.
Arbitro Bancario Finanziario (ABF)
L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) fornisce ai clienti che non abbiano trovato soddisfazione alle proprie richieste attraverso il rapporto diretto con gli uffici reclami delle banche e delle società finanziarie un modo stragiudiziale per risolvere la controversia in atto.
L’ABF può essere annoverato tra i sistemi ADR (Alternative Dispute Resolution) di tipo decisorio, ossia la soluzione della lite avviene attraverso la decisione di un organo terzo e imparziale.
Le banche e gli intermediari finanziari erogano servizi alla collettività nel libero mercato, con assetti organizzativi imprenditoriali e logiche di profitto. Sono, però, imprese del tutto particolari: per la peculiarità dei servizi e dei “beni” che offrono, che nel caso delle banche hanno stretta attinenza con il risparmio (la cui protezione è sancita dalla Costituzione); per la vastità della clientela a cui si rivolgono; per la rilevanza cruciale della loro attività per il sistema economico generale.
Sulla base di questo il legislatore pone attenzione in particolare ai temi della trasparenza, della correttezza dei comportamenti e del riequilibrio delle posizioni contrattuali a tutela del cliente quale parte debole del rapporto.
Lo squilibrio che caratterizza la relazione contrattuale tra intermediario e cliente ha diverse dimensioni. Tra queste, quella forse più tangibile si ha quando un cliente subisce un pregiudizio per un comportamento non regolare o non corretto e non ottiene giustizia perché l’esiguo valore o le caratteristiche delle controversie non sono compatibili con i tempi e i costi del processo davanti al giudice civile. L’ampiezza di questo divario è particolarmente accentuata per la clientela cosiddetta “al dettaglio”, costituita da famiglie e piccole imprese.
Nel 2010 il legislatore ha istituito un procedimento obbligatorio di mediazione: ossia chi intende esercitare un’azione in giudizio in certe aree del diritto deve necessariamente prima esperire un tentativo di conciliazione. La legge prevede l’obbligatorietà della mediazione per i contratti “bancari”.